PISTOIA NON MERITA LA LIBRERIA BABA JAGA

La mia città non merita la mia libreria. La mia città si merita di sprofondare ancora di più nella ignoranza e nel perbenismo, nel provincialismo e nell’indifferenza ipocrita nascosta fra le pieghe di istituzioni, enti, circoli, lobby, gruppi, società anonime a delinquere… e quant’altro e di più ancora. Di meno, la mia città, ha soltanto una cosa: nessuno la conosce, nessuno sa dove si trova, le sue coordinate geografiche sono ignote ai più. E’ quello che si merita, meglio così. Se ci facciamo conoscere, ogni tanto, è soltanto per le cose più infime. Come gli ultimi avvenimenti. Avvenimenti che non credo proprio abbiano scusanti, neppure fra le istituzioni, e, lo dico senza mezzi termini, neppure fra i genitori. Genitori disattenti, indifferenti, presi dall’apparire, dal viaggiare, dall’essere al passo con i tempi… mentre il loro tempo scorre e quello dei loro figli fugge.
Non venite nella mia città, fuggite se vi ci trovate a passare… datemi retta!!!
Ah… dimenticavo, la mia città si chiama… Pistoia. Non sapete dov’è??? Meglio per voi!

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mercoledì 24 dicembre 2008

BISZIA LIBRICE

Ciao bambini. Sono Librice, che vive nella libreria di Baba Jaga.
Sono quella vecchia ragazzina, che potrebbe essere una nonna se fosse una mamma.
Beh... ve lo voglio confessare... ma non ditelo a nessuno, mi raccomando. E' un segreto fra noi.
Io sono una vice-mamma. Lo sono da tanti anni, e sono felice di esserlo, credetemi. Ho due bambini grandi quasi come i vostri genitori, e uno di loro ha due bambini piccoli, come e forse più di voi, Veris e Jacopo. Ma io non sono la loro nonna, sono soltanto la loro bizzia. (bis-zia). Bello, Bizzìa... mi piace, l'ho inventato adesso, insieme a voi. Però... come mi sarebbe piaciuto essere una NONNA vera. Sarà perché io adoro i miei nonni, gli ho adorati. Ho scritto anche due libri su di loro... già, sono anche una scrittrice segreta, oltre una lettrice sfrenata, che non contenta, un giorno decise di vendere libri ai bambini, per dividere con loro la passione e il dono immenso della lettura. Proprio per tutte queste cose messe insieme, la mia prima piccola lettrice, che entrò per la prima volta nella mia prima piccola libreria, dove c'erano però tantissimi libri e lo spazio per fare un solo passo... mi chiamò... Librice.
Era piccola, non sapeva ancora leggere, ma parlava molto bene, come solo i bambini sanno fare, anche se a volte gli adulti non riescono a capire... e Marta, così si chiama, mi chiese chi ero, cosa facevo, perché avevo tanti libri belli... Io le risposi, spiegandole tutto, con sincerità. Lei mi guardò, con quei suoi occhi stupendi, lo sguardo perplesso e una manina che continuava ad agitarsi per scostarsi la frangetta dorata e dopo un istante mi disse: - allora, tu sei una librice... -
Il suo babbo e la sua mamma scoppiarono a ridere. Io no, io l'abbracciai. Aveva capito tutto, Marta, quella piccola bambina bionda, bellissima, sensibile e intelligente, che ricambiò con forza il mio abbraccio, tanto da farmi cadere per terra. E ancora oggi, che Marta è cresciuta, che mi soprassa in altezza, che frequenta le scuole Medie, che è ancora più bionda e più bella, ma soprattutto, se possibile, ancora più sensibile e adorabile, continua a stritolarmi, quando si catapulta in libreria. Gli abbracci di Marta mi sono rimasti addosso come un profumo che non se ne andrà mai dai miei ricordi. E anche l'altra sera, quando a casa mia il telefono ha squillato e una voce da signorina ha chiesto di me ed io ho risposto che ero io, quella voce è cambiata subito, ed è diventata un'abbraccio da togliere il fiato -Libriiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! Sono Marta.... -
Ecco, era tornata lei, ed io ero tornata io. Come allora. Come ai tempi della piccola libreria piena di meravigliosi libri per bambini, piena di bambini che amavano i libri meravigliosi. Piena di sogni, di speranze, di fiabe e di favole. (c'è una differenza, sapete, fra favola e fiaba? Ma non ve la dico, non ora... o forse la sapete). Adesso Marta mi chiama Libri, come si conviene ad un'adolescente di oggi che abbrevia tutto quello che può, anche le distanze, soprattutto quelle. E con Marta, ogni distanza cade, come una barriera. Marta fa crollare le mura del tempo. Ed infatti, la sua voce che mi abbraccia e mi riporta indietro, mi dà il coraggio per andare avanti. Lei, che ormai non legge più i libri che sono nella mia libreria, lei che non è più una bambina, lei che si avvia verso la vita adulta con quella sincerità e spontaneità che i suoi genitori le hanno trasmesso e che continuano a rinfocolare ad ogni istante, sì proprio lei, mi ha dato la spinta decisiva per fare quel passo che mi mancava per gettarmi... nel vuoto. Nel vuoto da riempire. Ed io mi sono gettata, ad occhi chiusi, con tanta paura di sbattere a terra e di farmi ancora male. Non ho le ali, e per una che sa soltanto volare, magari da un sogno all'altro, non è cosa da poco! Ma spero di avere voi. Di avere tante piccole bambine bionde, more, rosse... ma soprattutto vere! Così vere da sembrare incredibili. Bambine che cambieranno il modo di essere donna domani. E tanti bambini bianchi, neri, rossi, gialli, magari anche verdi... come la speranza di un domani fatto di uomini... veri!
Ecco quello che mi ha dato il coraggio di buttarmi giù, senza paracadute, dalla torre più alta del mio castello in aria: la certezza che i miei piccoli lettori di ieri si stanno avviando tutti sulla strada giusta per fare di questo mondo un posto giusto, e la speranza di vederne crescere altri così.
Perché se il mondo sta attraversando un periodo così brutto e buio, credetemi, non è colpa di chi comanda, ma di chi si fa comandare, di chi ubbidisce agli ordini senza chiedersi se è giusto o no farlo. E perché non se lo chiede? Perché nessuno gli ha insegnato a porsi delle domande, che è la cosa più difficile da insegnare, da imparare. Rispondere è facile. A volte, quasi sempre, basta mentire, o peggio ancora, inventare. Domandare, domandarsi... è vietato, ma solo a chi si accontenta delle risposte già pronte, precotte, che vengono serviti come hamburger da ingurgitare, imbottiti di tanti sapori da non distinguere l'uno dall'altro. Per confoderci e farci sembrare gustoso anche il veleno nascosto fra uno strato di menzogne e uno di ipocrisia.
Scusate se mi sono lasciata andare a questo sfogo amaro. Ma dovevo farlo, se davvero voglio sentirmi davvero degna del lavoro che ho scelto. Che non è un lavoro vero e proprio. Non mi aiuta a portare a casa niente, nemmeno quel poco per comprarmi un... libro per me. Ma mi dà molto di più, così tanto che spero, anzi, mi auguro con tutto il cuore, di dividerlo con voi, con tutti voi che preferite una pagina scritta, disegnata, da leggere, da farsi leggere, da raccontare, da sognare, da cui imparare a sognare, a credere in noi stessi e in chi ci sta accanto. Una pagina magari da scartare, da chiudere, da rinnegare, da gettare nel camino e da bruciare... perchè leggere significa anche libertà di non condividere, di criticare. E magari, di costruire un pensiero nuovo su una pagina nuova ancora tutta da scrivere. Sarete voi, a scriverla? Io me lo auguro, ve lo auguro con tutto il cuore, miei piccoli lettori. Come lo auguro ai miei cuccioli, Veris e Jacopo.
Veris, che ha imparato a piangere, ridere, mangiare, correre, giocare... ma soprattutto ascoltare i colori, le parole più belle, e sentirli diventare sentimenti, nella libreria della

Bizzìa Librice