PISTOIA NON MERITA LA LIBRERIA BABA JAGA

La mia città non merita la mia libreria. La mia città si merita di sprofondare ancora di più nella ignoranza e nel perbenismo, nel provincialismo e nell’indifferenza ipocrita nascosta fra le pieghe di istituzioni, enti, circoli, lobby, gruppi, società anonime a delinquere… e quant’altro e di più ancora. Di meno, la mia città, ha soltanto una cosa: nessuno la conosce, nessuno sa dove si trova, le sue coordinate geografiche sono ignote ai più. E’ quello che si merita, meglio così. Se ci facciamo conoscere, ogni tanto, è soltanto per le cose più infime. Come gli ultimi avvenimenti. Avvenimenti che non credo proprio abbiano scusanti, neppure fra le istituzioni, e, lo dico senza mezzi termini, neppure fra i genitori. Genitori disattenti, indifferenti, presi dall’apparire, dal viaggiare, dall’essere al passo con i tempi… mentre il loro tempo scorre e quello dei loro figli fugge.
Non venite nella mia città, fuggite se vi ci trovate a passare… datemi retta!!!
Ah… dimenticavo, la mia città si chiama… Pistoia. Non sapete dov’è??? Meglio per voi!

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domenica 30 novembre 2008

Bastabastardi

I libri sono gli unici amici che non ti voltano le spalle, che non ti chiudono la porta in faccia, che non fingono di non riconoscerti se sono in compagnia di altri amici che loro sanno essere tuoi nemici.
Insomma, gli amici veri esistono soltanto nei libri, sono i libri. Sempre pronti ad aprirsi, a splancarsi l'anima per te, come ad avvolgerti in un abbraccio consolatorio. Puoi nasconderti dietro di loro per piangere, sorridere, pensare e loro non se ne hanno a male se fingi di occuparti di loro mentre, invece, te ne stai a fantasticare per i fatti tuoi. E quando ti immergi in loro, nella loro anima, nel loro cuore, si lasciano trapassare, ti lasciano libero di fraintenderli, ti danno tutto il tempo per capirli, per essere compresi. E quando hai trovato la chiave di lettura, si danno a te con furore, lo stesso che provi tu, se condividi quello che ti dicono, che ti sussurrano, che ti gridano. Quando, poi, alle prime parole, ti rendi conto di aver capito ancor prima quello che vogliono dirti, senti come un moto di gratitudine, e vorresti abbracciare quell'amico, che proprio al momento giusto ha trovato le parole giuste per consolarti, per farti sentire meno solo, per accompagnarti in quell'avventura piena di insidie e tesori nascosti che è la tua vita. I libri, anche quando sono chiusi, abbandonati, ricoperti di polvere, ti aspettano con impazienza. Quelli letti, ormai vecchi, tornano, ad ogni tuo sguardo distratto, giovani, nuovi, misteriosi. E aspettano la tua mano, si lasciano sfogliare come alberi dal vento. Tu, sei il loro vento, sei la loro vita. E' per te, proprio e soltanto per te, che sono stati creati. Non si ricordano mai di chi li ha dato la vita, ma di chi, per un attimo, sfugge alla propria per rifugiarsi in un'altra, a volte proprio per una fuga dalla realtà, o magari per trovare risposte a domande a cui nessuno sa rispondere. O chi, come me, cerca proprio una domanda da porsi che abbia significato in sè, anche se non esiste risposta.
Insomma, leggere non significa soltanto passare il tempo, anche se, come passatempo è uno, se non il migliore, perchè lasciarlo trascorrere soltanto non è che un abbreviare il cammino per giungere alla meta, ma leggendo quel cammino si allunga, prende scorciatoie nascoste, a volte impervie, ma che spesso si spalancano su scenari dell'anima in cui il pensiero si perde, oltre l'orizzonte limitato dello scontato. Leggere significa anche dare un significato alla creazione in se stessa, senza limiti di fede alcuna. Leggere è una fede. In se stessi, per prima cosa, la più importante per eliminare ogni valore relativo e confrontarsi con l'assoluto di cui ognuno di noi fa parte, pur standone al di fuori.
Chiedetevi perché non si legge più, o si legge poco, o peggio ancora, si legge male. Non siamo stati noi a deciderlo, lo hanno deciso per noi. Per tenerci con le briglie, e a volte con il morso. Il paraocchi, beh, quello siamo noi stessi ad indossarlo, guardando davanti a noi come se ci fossimo soltanto noi da seguire, e non ci rendiamo conto di calpestare, ad ogni passo, la nostra stessa ombra. Calpestarla al punto di schiacciarla sotto il peso del niente a cui andiamo incontro, quel niente che sfoggiamo a vantaggio degli altri. Quegl'altri che imitiamo per non essere limitati, che riteniamo limitati perchè non ci imitano, fino a formare un girotondo di cloni senza ombra, o di ombre senza luce. Prospettive appiattite dalla mancanza di noi stessi, che abbiamo lasciato in balìa di balie prosciugate, che ci nutrono con il latte munto da vacche grasse dalle cui mammelle fuoriesce tutto il di più di cui non abbiamo e non avremo mai bisogno, che ci nuoce, che rende obesa la nostra mente, già propensa all'ozio del pensiero. Pensieri pensati, precotti, surgelati, serviti su piatti d'oro che luccica e che non attira nessuna gazza. Gli unici ladri siamo noi, ma, a differenza di quegli uccelli, non abbiamo neppure un paio d'ali per planare sulla preda e fuggire in alto. Siamo sciacalli, che attendono la fine di una presenza, per far valere la nostra, e nell'attesa, ci occupiamo della nostra assenza rivestendola di orpelli e ciarpame per darle una forma. E dare una forma al vuoto è l'unica occupazione e preoccupazione che ci preoccupa davvero. A tutto il resto, che ci pensi... chi legge. E chi detta legge. A questo siamo ridotti, ci hanno ridotto. Ai minimi termini. E il massimo comune denominatore è uno solo: il denaro e quello che puà procurarci al di là di ogni bisogno vero. L'oscurantismo che ci avvolge non ci pesa, non ce ne curiamo. Ci basta accendere uno schermo per sentirsi al riparo dal buio che alberga nel nostro spirito. Ed è questo che vogliono farci credere, è così che vogliono farci sentire. Esseri senza essenza, ma pronti a presenziare ad ogni cerimonia in onore di dei decaduti, per farci credere che prima o poi, a salire sull'altare della fama, ad essere osannati e adorati, saremo proprio noi. Basta crederci.
Non ci credete, o se proprio ormai non potete farne a meno, fate sì che i vostri figli provino, almeno, a non credere. A non credere ai lupi cattivi e ai porcellini buoni. Che i vostri bambini non mettano su un piedistallo un super-eroe al posto di un padre, che la smettano di correre dietro ad un pallone per vederlo trasformare in una palla d'oro, o che le vostre bambine continuino a credere che basta baciare un vecchio rospo proprietario dello stagno più grande, per vederlo trasformare nel principe ereditario di un regno indegno.
E adesso basta. Basta bastardi.

1 commento:

  1. 7 gennaio,ore 16.40,anno 2012
    annoiandomi,stanca dello scuallore sociale che ci uccide navigo e penso:"Bastabastardi:magari esiste ...sto sito..."...eccolo!La sua amarezza e'quasi palpabile.La capisco.La societa'che nega la magia all'infanzia ha il cancro nell'anima.Cari saluti.Angela

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