PISTOIA NON MERITA LA LIBRERIA BABA JAGA

La mia città non merita la mia libreria. La mia città si merita di sprofondare ancora di più nella ignoranza e nel perbenismo, nel provincialismo e nell’indifferenza ipocrita nascosta fra le pieghe di istituzioni, enti, circoli, lobby, gruppi, società anonime a delinquere… e quant’altro e di più ancora. Di meno, la mia città, ha soltanto una cosa: nessuno la conosce, nessuno sa dove si trova, le sue coordinate geografiche sono ignote ai più. E’ quello che si merita, meglio così. Se ci facciamo conoscere, ogni tanto, è soltanto per le cose più infime. Come gli ultimi avvenimenti. Avvenimenti che non credo proprio abbiano scusanti, neppure fra le istituzioni, e, lo dico senza mezzi termini, neppure fra i genitori. Genitori disattenti, indifferenti, presi dall’apparire, dal viaggiare, dall’essere al passo con i tempi… mentre il loro tempo scorre e quello dei loro figli fugge.
Non venite nella mia città, fuggite se vi ci trovate a passare… datemi retta!!!
Ah… dimenticavo, la mia città si chiama… Pistoia. Non sapete dov’è??? Meglio per voi!

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martedì 30 dicembre 2008

Cara la mia Befana

Cara Befana,
hai già fatto la spesa con la carta che ti ha inviato lo stato? Non l'hai ricevuta??? Ah... che ingrati questi governanti di oggi, che ieri pendevano dalle tue calze... Ma lasciamo stare, tanto ormai non c'è più rimedio a niente. Si arrangino, perché ormai sono loro che hanno tutto da perdere, anche quello che non hanno mai conquistato. Le nostre sconfitte, invece, non ce le toglie nessuno! In guardia! Guai a chi oserà toccarci il diritto a non avere diritti. Che se li tengano tutti per sé, diritti e rovesci. Noi non abbiamo medaglie, nè teste nè croci. Noi abbiamo la mente, lo spirito, e un corpo da indossare per renderci visibili a quelli che non riescono a vedere se non hanno una lente d'impiccolimento. Tutto deve essere graduato secondo il loro senso unico della misura.
Poveri giganti senza grazia e ricchi di disgrazie a cui attingere per dissetare la loro sete di grandezza, che solo la possibilità di un deserto da annaffiare con quel che resta della sabbia di una clessidra caduta dalle piccole mani di un bambino incapace di controllare il tempo, può realizzare.
Cara Befana, che non hai più bambini a cui regalare una notte di sogni, calpestando i tetti del mondo crollati sotto il peso di nubi grigie e minacciose. I bambini hanno ormai avuto quello che credevano di desiderare: prima di te è passato Babbo Natale, ormai un divo che si mostra ad ogni istante, in ogni dove, e che non ha altro da offrire che la propria immagine scostumata e consumata dal consumismo! Povero vecchio, che si regge sulla forza d'inerzia di chi vede in lui un punto di appoggio per sollevare il mondo dell'economia. Mi fa pena, strappato dalla sua terra di silenzio e candore che ormai esiste solo nei suoi ricordi sparsi qua e là nei labirinti della demenza senile che non vuole cedere il passo alla saggezza della vecchiaia e non si rende conto di quanto sia ormai inutile il suo ruolo. Portare doni a chi ha tutto per aumentare il loro desiderio di possesso e potenza. E, giustamente, lasciare che chi desidera, continui a desiderare. I conti tornano.
Sei rimasta tu, cara eterna vecchietta dimenticata. L'oblio del mondo ti ha reso invulnerabile al suo futuro e al suo futurismo, in cui tutti, ormai, nascono vecchi e fanno di tutto per morire giovani. Non c'è più tempo per essere bambini. I bambini non hanno più tempo da perdere, sono costretti a crescere per stare al passo col tempo che verrà. E quando se ne rendono conto, non resta loro che contare... calcolando. Ma io continuo a contare su di te. E tu, cara Befana che hai contribuito ad allungare gli anni della mia fanciullezza , conta sempre su di me. Ci sarà sempre una calza appesa nella notte che ti vede camminare sui tetti dei miei ricordi, che ti sente scivolare, a volte imprecando, che fugge a letto per non lasciarti scoprire, per lasciarti là, nel mondo della fantasia, dove tutto è possibile, perfino che qualcuno condivida queste mie parole.
Con l'affetto di sempre...

Rita

P.S. ah... nella calza, come sempre, vorrei un libro, e un sogno come segnalibro... Per il carbone, non preoccuparti. Lascialo pure nelle miniere a marcire... lo userà Babbo Natale come dono per una bambina che sogna di avere una collana di diamanti, come si conviene ad ogni principessa.

sabato 27 dicembre 2008

Da Luciana a Baba Jaga

Vorrei lasciar parlare Luciana e la sua mente così grande da far apparire vuoto il mondo.
Luciana che vede oltre e non sa di guardare se stessa. Semplice e intuitiva come l'acqua per la sete, o come la sete per l'acqua. La differenza è incolmabile, se non si ha un'anima da riempire, ma lei questa differenza l'ha capita...
Grazie Luciana.



A Pistoia in un vicolino
c'è una piccola libreria
beh, vai lì e guardala da vicino.
E' il mondo dell'infanzia
sì, questo una dolce signora ha creato
in un mondo magico
un mondo vellutato.
Entra e scopri con che gioia
con che letizia, i libri son posti sugli scaffali,
sembra un universo a parte.
Questa signora, con i bimbi, ci sa proprio fare,
ci ha invetito tanto amore
tanta creatività che rersteresti lì
non te ne vorresti andare.
Chissà perchè le cose genuine
e belle non vengono capite
e lei, ad un certo punto, si è trovata nei guai,
il Baba Jaga si è smarrito, ho lettonel giornale,
che stava quasi per chiudere.
Beh... bimi monelli, la dobbiamo aiutare.
Tenerezze a profusione in quel negozio,
è il più bello di Pistoia
sprigiona innocenza dal profondo.
No, Baba Jaga non devi cedere,
non ti devi spezzare.
Qui è tutto armonioso,
questa fata ci ha saputo per davvero fare.
Auguri di ingrandirti, di diventare sempre più forte,
vorrei per che le mamme fossero più accorte.
Qui, in libreria, c'è una cosa importante
che regna per i vostri figli: è il mondo della fantasia.
Auguri d'ingrandimento.
Fermatevi, genitori, con i vostri piccoli.
Qui è proprio tutto incantevole e bello.

Dedicato a Baba Jaga
una liberia speciale.

Luciana Bartolini

mercoledì 24 dicembre 2008

BISZIA LIBRICE

Ciao bambini. Sono Librice, che vive nella libreria di Baba Jaga.
Sono quella vecchia ragazzina, che potrebbe essere una nonna se fosse una mamma.
Beh... ve lo voglio confessare... ma non ditelo a nessuno, mi raccomando. E' un segreto fra noi.
Io sono una vice-mamma. Lo sono da tanti anni, e sono felice di esserlo, credetemi. Ho due bambini grandi quasi come i vostri genitori, e uno di loro ha due bambini piccoli, come e forse più di voi, Veris e Jacopo. Ma io non sono la loro nonna, sono soltanto la loro bizzia. (bis-zia). Bello, Bizzìa... mi piace, l'ho inventato adesso, insieme a voi. Però... come mi sarebbe piaciuto essere una NONNA vera. Sarà perché io adoro i miei nonni, gli ho adorati. Ho scritto anche due libri su di loro... già, sono anche una scrittrice segreta, oltre una lettrice sfrenata, che non contenta, un giorno decise di vendere libri ai bambini, per dividere con loro la passione e il dono immenso della lettura. Proprio per tutte queste cose messe insieme, la mia prima piccola lettrice, che entrò per la prima volta nella mia prima piccola libreria, dove c'erano però tantissimi libri e lo spazio per fare un solo passo... mi chiamò... Librice.
Era piccola, non sapeva ancora leggere, ma parlava molto bene, come solo i bambini sanno fare, anche se a volte gli adulti non riescono a capire... e Marta, così si chiama, mi chiese chi ero, cosa facevo, perché avevo tanti libri belli... Io le risposi, spiegandole tutto, con sincerità. Lei mi guardò, con quei suoi occhi stupendi, lo sguardo perplesso e una manina che continuava ad agitarsi per scostarsi la frangetta dorata e dopo un istante mi disse: - allora, tu sei una librice... -
Il suo babbo e la sua mamma scoppiarono a ridere. Io no, io l'abbracciai. Aveva capito tutto, Marta, quella piccola bambina bionda, bellissima, sensibile e intelligente, che ricambiò con forza il mio abbraccio, tanto da farmi cadere per terra. E ancora oggi, che Marta è cresciuta, che mi soprassa in altezza, che frequenta le scuole Medie, che è ancora più bionda e più bella, ma soprattutto, se possibile, ancora più sensibile e adorabile, continua a stritolarmi, quando si catapulta in libreria. Gli abbracci di Marta mi sono rimasti addosso come un profumo che non se ne andrà mai dai miei ricordi. E anche l'altra sera, quando a casa mia il telefono ha squillato e una voce da signorina ha chiesto di me ed io ho risposto che ero io, quella voce è cambiata subito, ed è diventata un'abbraccio da togliere il fiato -Libriiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! Sono Marta.... -
Ecco, era tornata lei, ed io ero tornata io. Come allora. Come ai tempi della piccola libreria piena di meravigliosi libri per bambini, piena di bambini che amavano i libri meravigliosi. Piena di sogni, di speranze, di fiabe e di favole. (c'è una differenza, sapete, fra favola e fiaba? Ma non ve la dico, non ora... o forse la sapete). Adesso Marta mi chiama Libri, come si conviene ad un'adolescente di oggi che abbrevia tutto quello che può, anche le distanze, soprattutto quelle. E con Marta, ogni distanza cade, come una barriera. Marta fa crollare le mura del tempo. Ed infatti, la sua voce che mi abbraccia e mi riporta indietro, mi dà il coraggio per andare avanti. Lei, che ormai non legge più i libri che sono nella mia libreria, lei che non è più una bambina, lei che si avvia verso la vita adulta con quella sincerità e spontaneità che i suoi genitori le hanno trasmesso e che continuano a rinfocolare ad ogni istante, sì proprio lei, mi ha dato la spinta decisiva per fare quel passo che mi mancava per gettarmi... nel vuoto. Nel vuoto da riempire. Ed io mi sono gettata, ad occhi chiusi, con tanta paura di sbattere a terra e di farmi ancora male. Non ho le ali, e per una che sa soltanto volare, magari da un sogno all'altro, non è cosa da poco! Ma spero di avere voi. Di avere tante piccole bambine bionde, more, rosse... ma soprattutto vere! Così vere da sembrare incredibili. Bambine che cambieranno il modo di essere donna domani. E tanti bambini bianchi, neri, rossi, gialli, magari anche verdi... come la speranza di un domani fatto di uomini... veri!
Ecco quello che mi ha dato il coraggio di buttarmi giù, senza paracadute, dalla torre più alta del mio castello in aria: la certezza che i miei piccoli lettori di ieri si stanno avviando tutti sulla strada giusta per fare di questo mondo un posto giusto, e la speranza di vederne crescere altri così.
Perché se il mondo sta attraversando un periodo così brutto e buio, credetemi, non è colpa di chi comanda, ma di chi si fa comandare, di chi ubbidisce agli ordini senza chiedersi se è giusto o no farlo. E perché non se lo chiede? Perché nessuno gli ha insegnato a porsi delle domande, che è la cosa più difficile da insegnare, da imparare. Rispondere è facile. A volte, quasi sempre, basta mentire, o peggio ancora, inventare. Domandare, domandarsi... è vietato, ma solo a chi si accontenta delle risposte già pronte, precotte, che vengono serviti come hamburger da ingurgitare, imbottiti di tanti sapori da non distinguere l'uno dall'altro. Per confoderci e farci sembrare gustoso anche il veleno nascosto fra uno strato di menzogne e uno di ipocrisia.
Scusate se mi sono lasciata andare a questo sfogo amaro. Ma dovevo farlo, se davvero voglio sentirmi davvero degna del lavoro che ho scelto. Che non è un lavoro vero e proprio. Non mi aiuta a portare a casa niente, nemmeno quel poco per comprarmi un... libro per me. Ma mi dà molto di più, così tanto che spero, anzi, mi auguro con tutto il cuore, di dividerlo con voi, con tutti voi che preferite una pagina scritta, disegnata, da leggere, da farsi leggere, da raccontare, da sognare, da cui imparare a sognare, a credere in noi stessi e in chi ci sta accanto. Una pagina magari da scartare, da chiudere, da rinnegare, da gettare nel camino e da bruciare... perchè leggere significa anche libertà di non condividere, di criticare. E magari, di costruire un pensiero nuovo su una pagina nuova ancora tutta da scrivere. Sarete voi, a scriverla? Io me lo auguro, ve lo auguro con tutto il cuore, miei piccoli lettori. Come lo auguro ai miei cuccioli, Veris e Jacopo.
Veris, che ha imparato a piangere, ridere, mangiare, correre, giocare... ma soprattutto ascoltare i colori, le parole più belle, e sentirli diventare sentimenti, nella libreria della

Bizzìa Librice


giovedì 4 dicembre 2008

SENZA SENSO

Baba Jaga non si arrende. Si spezza ma non si piega. Non si piega davanti alla prepotenza di chi oggi si crede chissàcchicchirichì! Galletti e galline popolano la nostra Aia, la nostra corte dei conti che non tornano perchè non sono mai partiti, ma sono sempre rimasti nelle tasche giuste. Macchì senefrega!? Ogni giorno è un altro giorno. E chi sa cosa significhi non ha bisogno di spiegazioni. Per tutti gli altri c'è mistercard! E a noi, che del nostro breille ce ne sbattiamo perché non ce l'abbiamo e non vogliamo averlo, perché intanto sapere che ore sono non ci cambia il tempo che abbiamo a disposizione, e anche se è tardi non possiamo tornare indietro, insomma, a noi che siamo consapevoli della nostra sublime nullità, tutto il resto ci fa evacuare. In tutti e con tutti i sensi. Compreso quello di colpa per non averlo fatto prima sull'erba verde per eccellenza del nostro eccellente vicino. Ma forse è meglio. Avremmo rischiato di rendere fertile un terreno incolto, anzi, ignorante. Noi, lo sappiamo, che farsi credere ignoranti, ci rende benvoluti, cari, diletti, ai nostri signo-rotti e alle nostre signo-rotte.
Ci hanno rotto i coglioni, i coglioni! E se qualcuno si riconosce in queste parole, in queste descrizioni, Chi ha la coda di paglia, è un gallo o una gallina impagliata! Ed io non posso farci niente. Io sono soltanto una vecchia strega che ha, senza averlo chiesto, il potere di rimandare, come un boomerang, il male ricevuto, al mittente. Siccome a me non piace nuocere a nessuno, anzi, non lo voglio proprio, ho chiesto di essere privata di questo privilegio. Ma pare sia impossibile... al massimo posso decidere quale pena rimandare indietro, ed io, che sono buonaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, ho optato per una pena pecuniara.
Dalla piccola multa, per uno sgarbo di poco conto ricevuto, alla bancarotta per una rottura di coglioni oltremisura. Dunque ognuno sa cosa gli aspetta. Se non lo sa, multa ulteriore. La legge non ammette ignoranza. Tanto meno la mia legge. Che non ho legge. E quindi ammetto e non ammetto quello che mi pare.
Così parlò Zetafrusta.